Lo scorso mese di febbraio ho partecipato ad un interessante seminario di Igor Sibaldi, scrittore, filosofo, studioso di angelologia e psicologia del profondo.
Ogni discorso sugli Angeli non può tenere conto di uno strumento potentissimo come l’Albero della Vita – lo ez’hayym – il cui significato nella lingua ebraica è “il diramarsi delle vite”.
L’albero della Vita è qualcosa con cui ci relazioniamo prima di nascere, con cui dovremmo relazionarci mentre viviamo in questa dimensione e qualcosa con cui ci relazioneremo di nuovo quando il nostro tempo qui sarà finito e faremo ritorno a casa.
Vi riporto di seguito un brevissimo estratto del seminario:
“ L’albero ha una struttura in sfere, in ebraico Sephirot.
Il nostro itinerario inizia dall’alto: sopra e fuori dalla prima sephirah c’è l’infinito assoluto – Ein-sof – che è al di sopra di ogni possibile conoscenza da cui tutto trae origine; da lì ogni futuro essere entra per osmosi nella prima sephirah, da questa, discende nella seconda, poi nella terza e via così fino alla nona.
Fin qui siamo ancora nei mondi spirituali.
Dalla nona sephirah si arriva poi all’ultima che nella Kabbalah è chiamata “il mondo del fare” – ‘olam ‘asiyah.
Nelle nove sepirot superiori l’anima si plasma ad opera dei nostri settantadue Angeli.
Le nove qualità delle sefirot superiori sono soltanto titoli di altrettante qualità.
Anche i canali che collegano le sefirot e le connessioni che ne derivano hanno un’importanza fondamentale e fanno apparire l’Albero della Vita come un labirinto.
Quando veniamo al mondo, il transito dai mondi dello Spirito all’esistenza terrena deve essere immaginato come una specie di riduzione dimensionale”.
[estratto di un seminario di Igor Sibaldi]
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